Talmelli, un artista col Peri nel cuore

“Ho vissuto anni magnifici. Collaborare di nuovo? Ne sarei felice”.

Intensa attività per il maestro Andrea Talmelli, per anni dinamico direttore dell’Istituto Peri di Reggio Emilia, ora impegnato su diversi fronti artistici anche e soprattutto con le sue stesse composizioni. Il suo primo appuntamento col pubblico di queste ultime settimane ha avuto luogo domenica 24 marzo a Parma ai Voltoni del Guazzatoio della Pilotta, ora ristrutturati, con il trittico musicale sull’opera pittorica Composizione VIII di Kandinski, un progetto che lo ha visto impegnato negli ultimi tempi in concerti anche a Mosca, Milano, Avellino, Bellagio, Nuoro e Cagliari. Il compositore parmigiano, che ha al suo attivo oltre 160 opere musicali ed è presidente da tempo della Fondazione Giorgio e Aurora Giovannini di Reggio Emilia, è stato poi eseguito il 28 a S.Giorgio a Cremano (il paese di Troisi) e il 29 a Napoli nella Sala Scarlatti del Conservatorio con ‘Rossini Fantasy’ per 12 pianisti napoletani, uniti al coro di voci bianche e la direzione del maestro Gabriele Ottaiano. Il giorno dopo a Roma ‘Abstract Landscape’ per saxofono e vibrafono, eseguito al Museo Macro dal Duo Dubois; infine domenica 31 marzo Talmelli è eseguito a Desenzano per il Festival Ned, in prima esecuzione, col brano “I Canti del mattino”, su testi di Marina Popadic, nell’interpretazione del pianista Claudio Bonfiglio. Lo stesso 31 marzo, a Mantova, Christian Lavernier esegue il brano del maestro Talmelli, Dreams, per chitarra a 11 corde. Notizia dell’ultima ora è infine il concerto imminente programmato dalla pianista Chantal Balestri in Cina che eseguirà anche il brano ‘Gondola’ ispirato a una poesia di Hermann Hesse. E in mezzo a tutti questi eventi ci sono anche le impegnative attività e i concerti che Talmelli organizza in Italia come presidente della Società Italiana di Musica Contemporanea che ha 90 soci compositori e strumentisti e suo Presidente Onorario il Maestro Ennio Morricone.

Il trittico kandinskiano, eseguito il 24 dal giovane violinista Roberto Arnoldi insieme al clarinettista Fabio Ghidotti e al pianista Fabio Locatelli, fa parte della rassegna “Note d’Arte, la domenica in Pilotta” con direzione artistica del maestro Roberto Cappello, uno dei più prestigiosi pianisti a livello internazionale e già direttore del Conservatorio “A.Boito”. Curatrice dell’intenso ciclo concertistico primaverile è la dottoressa Paola Cirani della Biblioteca dello stesso istituto. Le esecuzioni dei tre brani, ispirati al medesimo quadro del pittore russo Kandinski, padre indiscusso dell’astrattismo pittorico del primo Novecento, sono stati preceduti da una presentazione del noto musicologo Gian Paolo Minardi che ha tracciato un percorso di contaminazioni e sinergie artistiche tra musica e pittura, sottolineando anche le motivazioni che sono alla base del progetto compositivo di Talmelli.

Maestro, il concerto del 24 marzo a Parma ha raccolto consensi del pubblico. E’ soddisfatto?

«Sì, sono contento. E’ andato molto bene. C’era davvero il pieno di pubblico; tra l’altro è stato fatto in un magnifico luogo completamente ristrutturato che, da parmigiano doc ricordo da ragazzino per i suoi spazi bui e sigillati da catene, mentre ora è un luogo magnifico di esposizione e di musica. A livello tecnico gli esecutori del brano sono stati molto bravi così com’è stato illuminante il musicologo Gian Paolo Minardi nel presentare le tematiche dell’opera».

Quella che si è appena conclusa per lei è stata una settimana pesantissima essendo stato impegnato su vari fronti in tutta Italia…

«In effetti ho vissuto una settimana davvero intensa quanto magica. Tra l’altro, come presidente della SIMC seguo questi concerti molti dei quali vengono proposti al Museo del ‘900 in Piazza Duomo a Milano. Ma nelle ultime settimane anche a Trento, Rovereto e a Desenzano del Garda in occasione del Festival Ned di musica contemporanea, all’auditorium Celesti».

Lei è stato direttore dell’Istituto Peri per tantissimi anni della sua illustre carriera. Oggi, sabato, abbiamo proprio l’Open Day del Peri. A tal proposito le chiedo quanto le è rimasto il Peri nel cuore?

«Tantissimo, ho vissuto alla direzione del Peri metà della mia vita professionale, dal 1990 al 2011, quindi per ventun anni e le posso assicurare che fare il direttore al Peri significa viverci dentro: ero lì dal mattino alla sera e tutte le domeniche mattina presentavo l’Ora della musica, prestigiosa rassegna di concerti organizzati con gli insegnanti e coi ragazzi dei quali ho splendidi ricordi».

Maestro, come arrivò al Peri?

«Venni chiamato da Carpi, dove sono stato direttore dall’84 al ’90, ma prima dell’esperienza carpigiana fui maestro di ruolo al Conservatorio di Parma dove insegnai per dieci anni. L’anno in cui venne a mancare Gentilucci, lo storico direttore del Peri che guidò l’istituto dal ’69 all’89 le difficoltà in cui si trovò il Peri suggerirono il mio trasferimento a Reggio. In pratica il Peri alternò due soli direttori in oltre 40 anni! Fu una scelta felice anche se non facile, rifarei tutto quanto senza esitazione.

Lei era dunque direttore di ruolo?

Si, a quei tempi non c’era l’elezione del direttore tra i professori. Io feci ben due concorsi, vincendoli entrambi, quello di Carpi e quello nazionale. E a tale proposito ricordo quando nell’84 partecipai al concorso nazionale per il posto di direttore di conservatorio, con l’allora ministro Falcucci che decise di inserire il concorso anche per la direzione dei conservatori, per porre fine alle ambigue nomine di “incaricati”da parte del ministero. Ebbene fui tra gli 8 vincitori di quell’impegnativo concorso per prove, su 35 posti disponibili in tutta Italia, ma fecero opposizione i sindacati autonomi e ne nacque una battaglia legale. Il mio stesso avvocato, l’emerito e compianto professor Cugurra che era stato mio relatore alla tesi di laurea da me conseguita a Parma, tornando dalla udienza al Consiglio di Stato, mi comunicò che la cosa si era risolta con una decisione meramente politica. Nulla di giuridico. Tant’è che accantonai l’ascia di guerra e rimasi a dirigere l’Istituto di Carpi».

Le piacerebbe creare una nuova collaborazione con l’istituto Peri?

«Sì, francamente ne sarei felice, mi piacerebbe recuperare un rapporto collaborativo e creare anche qualche progetto col Peri non solo perché conservo ancora quell’istituto nel cuore. Magari dando vita a progetti anche attraverso la Fondazione Giovannini. Non dimentico certo che la stessa è nata proprio al Peri durante la mia direzione. Chissà…!».

Ricorda qualche aneddoto o qualche esperienza vissuta alla guida del conservatorio reggiano?

«C’è stato soprattutto il rapporto coi ragazzi bello e profondo, non solo per seguirne l’evoluzione di studio e del loro impegno artistico, ma anche per le tante attività costruite insieme ai loro insegnanti. Questo mi ha permesso anche di organizzare viaggi all’estero, grazie ai quali ho portato l’istituto Peri in tutta Europa e persino in Texas: fu una stagione felicissima di scambi musicali che nascevano anche per le città gemellate con Reggio, che permise ai nostri ragazzi di confrontarsi con giovani musicisti di altri paesi. Uno di questi viaggi permise la realizzazione di “Brundibar”, di Hans Krasa, operina che venne da noi riproposta dopo tanti anni al campo di concentramento di Terezín, tristemente noto per essere stato una tappa dei deportati prima di Auschwitz. Quella stessa opera la riproponemmo poi a Reggio, nel 2000 all’Ariosto. Fu un’esperienza fantastica che lega la musica ad un’altra mia grande passione, quella del tema della Memoria. Su questo tema io stessi scrissi una cantata per coro e orchestra dal titolo “Se questo è un uomo”, ispirato proprio all’omonimo libro di Primo Levi che tra l’altro conobbi, nel ’77, fui suo ospite a Torino. Gli feci sentire questa mia realizzazione che lo stesso Levi apprezzò molto. Sul tema della Memoria ma anche su quella certo diversa del Ricordo, ho realizzato tante iniziative dal carattere artistico ma anche pedagogico, anche in collaborazione col Museo Cervi o con Istoreco. Tornando al Peri, sono orgoglioso di aver contribuito alla definizione della attuale sede e alla nascita dell’archivio Giorgio Vezzani che raccoglie il canto popolare, soprattutto quello in ambito reggiano, e che oggi è diventato un’istituzione all’interno del Peri. Proprio con l’archivio Vezzani realizzammo varie iniziative, anche discografiche, che riguardano uno spaccato di vita e delle tradizioni popolari oltre che musicali del territorio».

Maestro, lei è presidente della fondazione reggiana Giorgio e Aurora Giovannini. Di cosa si occupa esattamente?

«la fondazione è nata nel 2003 per volontà dei coniugi Lidia Bovi e Sergio Giovannini, una coppia di genitori che purtroppo vissero il dramma di perdere entrambi i figli: prima Giorgio, poi Aurora. Quando mi contattarono per ricordare attraverso una fondazione i loro figli mi misi immediatamente a loro disposizione, tant’è che feci partire subito all’interno dell’istituto Peri un concorso pianistico che è stato poi riproposto per 7 edizioni, alternandosi con altri di composizione e ultimamente di chitarra. Promuoviamo anche altre iniziative a favore dei bambini, come un corso per strumenti ad arco alla scuola elementare Marconi di Reggio, per avvicinare i ragazzini alla musica. Realizzare iniziative a favore dei giovani attraverso la musica è lo scopo della Fondazione. Sempre all’interno di queste finalità realizziamo i concerti di Montecchio e al Multiplo di Cavriago e abbiamo dato vita a un gruppo strumentale femminile Aurora Ensemble, con cui facciamo concerti, pubblicato alcuni cd uno dei quali è previsto a breve dedicato alla musica italiana del ‘900. Quando morì anche il benefattore Sergio Giovannini nel 2011, la fondazione rimase senza un riferimento e il Consiglio di amministrazione mi chiese di continuarne la storia e a guidarla. Io accettai, con l’entusiasmo organizzativo e l’intento di onorare una volontà benefica che mi veniva consegnata da questa sfortunata famiglia».

Lorenzo Chierici